Guadagnare con i social e il Network Marketing. Perché i siti falliscono?
Milioni di utenti ogni giorno interagiscono su piattaforme social come Facebook, Instagram, Tik Tok, Twitter e Linkedin, offrendo gratuitamente i propri contenuti, i propri dati ed il loro tempo.
Seppure in alcuni casi i contenuti vengano remunerati, come avviene nel caso di YouTube per i content creator con maggiore visibilità, in genere si viene bombardati di pubblicità a vantaggio esclusivo delle multinazionali che gestiscono i social.
Rappresentano inoltre la tipologia di aziende più interessante sulla quale investire per via dei costi operativi minimi se messi in relazione ai guadagni ed al valore generato dagli utenti stessi.
Ma se la piattaforma remunerasse gli utenti?
Che il valore associato ai contenuti non venga convertito in valore reale è una delle maggiori critiche nei confronti dei Social Network ed è da anni argomento di discussione.
Se il Social Network remunerasse i propri utenti otterrebbe un’importante incentivo all’uso delle piattaforme, è la tesi maggiormente sostenuta.
Ed infatti nel panorama dei Social Network non mancano esempi di aziende che offrono questa possibilità agli utenti.
C’è chi li definisce “Anti-corporate Social Network“. Nascono dal tentativo di intercettare un’esigenza specifica degli utenti, che trovano poco etico che i propri contenuti non vengano valorizzati e che le aziende guadagnino sulla profilazione e sulle pubblicità.
Ma anche eliminare le pubblicità non funziona granché. Abbiamo visto in passato la nascita di Ello, Social Network che ebbe un hype notevole in termini di visibilità offrendo un servizio simile a Facebook, ma libero da pubblicità. Dopo un inizio promettente nel 2014, già dopo due anni dovette cambiare modello di business, pivotando verso un portale di gallerie di immagini per artisti (passando al modello freemium ed aprendo uno shop interno di magliette).
Resta il modello basato sulla remunerazione. Ma funziona davvero?
Riuscire a far funzionare un Social Network che possa garantire remunerazione per i contenuti ad i suoi utenti ed allo stesso tempo garantire che il portale non pulluli di spam o che gli utenti facciano azioni che minino l’equilibrio del social stesso è molto difficile.
Oggi i contenuti sui social sono premiati in termini di visibilità sulla base di algoritmi e valori definiti dalle singole piattaforme Social. E già così si verificano puntualmente aberrazioni, dovute alla volontà di taluni utenti di “aggirare” il sistema (l’acquisto di like su Facebook o la generazione di retweet attraverso bot su Twitter, fra i tanti).
Quando, oltre al desiderio di notorietà, entra in gioco anche un vantaggio economico, l’interesse si sposta facilmente dall’interazione con gli altri utenti e la creazione di contenuti di qualità al trovare metodi che permettano un maggior guadagno.
Ne consegue che una piattaforma di questo tipo ha bisogno sempre più di nuovi utenti, che possano sostenere con il loro entusiasmo e nuovi contenuti la struttura, correggendo la tendenza al naturale decadimento.
Per questo motivo i Social Network che hanno dimostrato di reggere di più nel tempo sono le piattaforme che hanno deciso di sfruttare alcuni elementi base del modello del Network Marketing (approfondimento: cos’è il Network Marketing).
Una soluzione efficace infatti si è dimostrata essere il referral marketing, ovvero l’offrire ai propri utenti una remunerazione in denaro o in percentuale sui referrer delle linee successive per l’acquisizione di amici o conoscenti.
Nonostante il connubio fra Network Marketing e Social Network abbia dimostrato di essere la soluzione migliore sino ad oggi nella storia dei social “anti-corporate”, nessun progetto ha avuto le armi giuste per diventare un portale di successo.
Ma con una frequenza assidua si assiste al lancio di nuovi progetti che si prefiggono di raggiungere l’obiettivo del successo, possibile ma molto difficile. Ci auguriamo di aggiungere esperienze di successo alla lista, ma siamo alquanto scettici.
In realtà, la nostra impressione è che queste aziende sfruttino l’onda di successo che accompagna progetti di questo genere, per poi sfruttare il bacino di utenza ottenuto verso modelli di business più rodati e renumerativi.
Vediamo quindi quali Social Network prevedono, o prevedevano, un modello di business basato sul pagamento degli utenti per i contenuti realizzati.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
2011 | Attivo | Contenuti a pagamento |
Minds nasce nel 2011 e lanciato a giugno 2015 come un Social Network gratuito che ricompensa con tokens di criptovaluta ERC20 le interazioni nella piattaforma e l’acquisizione di nuovi utenti, spendibili per aumentare la visibilità dei post stessi o per finanziare altri utenti. Il modello di business è di tipo freemium, ovvero offre anche un abbonamento a pagamento (Minds Pro), che permette l’accesso a contenuti esclusivi oltre che la possibilità di escludere i contenuti con visibilità “potenziata”. Criticato per i contenuti fortemente politicizzati (in particolare di estrema destra) e contenuti per adulti.
Nel primo periodo ha attratto artisti e folle di utenti che per motivi politici hanno abbandonato Facebook per via di nuove leggi statali, come avvenuto in Vietnam e Thailandia. Oggi conta circa 2.5 milioni di utenti.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
2013 | Attivo | Acquisizione utenti |
Nel 2013 nasce Tsū, Social Network americano. Il funzionamento era simile a Facebook, con profili personali, messaggistica e post aperti. In soli sei mesi raggiunse 3.5 milioni di utenti, che, attraverso il passaparola, accedevano al Network. Il modello di Tsū, infatti, si basava sullo storno agli utenti del 90% dei profitti derivanti dalle inserzioni pubblicitarie. 45% all’utente che ha prodotto quel contenuto e 45% a chi ha invitato l’utente.
Proprio il sistema ad invito fu l’inizio del declino. L’incentivo, che rende il progetto assimilabile ad un Network Marketing, portò masse di persone su Facebook alla ricerca di possibili nuovi utenti, per cui Facebook decise nel 2015 di bloccare ogni link dal nuovo Social Network. Tale azione, combinata al fatto che la maggior parte degli utenti di Tsū era più interessata a guadagnare piuttosto che interagire con gli altri utenti, portò il progetto ad essere oscurato nel 2016. Dal 2019 è stato ripristinato su differente dominio, nel tentativo di dargli nuova linfa vitale.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
2014 | Attivo, cambiato modello | Acquisizione utenti |
Bitlanders nasce nel 2014 per mano dell’imprenditore italiano Francesco Rulli. È una piattaforma social dove gli utenti sono incoraggiati ad interagire grazie alla ricompensa sotto forma di criptomoneta (prima Bitcon, oggi la moneta da loro coniata Bitmiles) per ogni contenuto pubblicato o per ogni utente acquisito (20% dei profitti del nuovo affiliato). I contenuti vengono valutati in base al “Buzz score”, che misura la qualità del contenuto, il numero di condivisioni e la qualità dei propri followers. Oggi è ancora online, ha provato a dirottare verso tutorial e corsi a pagamento, ma senza alcun successo.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
— | Convertito in e-commerce | Acquisizione utenti |
Un’altro Social Network che non ce l’ha fatta, ma interessante per l’uso coraggioso di un modello di business diverso dagli altri in questa lista. Su questa piattaforma era possibile pubblicare fotografie e connettersi con altri turisti o amanti dei viaggi di tutto il pianeta. Non mancavano le “Story” (oggi diventate tanto famose), che permettevano di condividere pensieri e momenti del proprio viaggio. Programmando l’itinerario di un viaggio (un “trek”) era possibile condividerlo con gli altri utenti ed ottenere una commissione. Oggi è un e-commerce nel settore dell’abbigliamento per donna in vacanza.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
2017 | Chiuso per truffa | Costo per contenuto |
Amicopolis era un Social Network nato nel febbraio 2017 e realizzato da un imprenditore di Caltanisetta, Fulvio Amico, che progettò, insieme al suo team di sviluppatori il primo portale social “eticamente corretto”.
Funzionava in questo modo: l’utente interagiva pubblicando contenuti che venivano retribuiti sotto forma di crediti (chiamati “polis”), questi crediti potevano essere spesi acquistando prodotti sulle pagine vetrina degli esercenti e gli esercenti venivano pagati in crediti. Una strategia win-win dove tutti gli attori avrebbero guadagnato.
Inoltre il social consentiva di acquistare pacchetti d’investimento (risultati poi illegali dopo l’intervento della Guardia di Finanza) di Polis sotto forma di monete d’oro, che avrebbero garantito una interessante rendita all’acquirente.
Se non fosse che a trarne profitto erano l’amministratore della Amicopolis Limited Fulvio Amico, oggi in carcere dopo una lunga latitanza, ed il suo socio C.A.S.
Nella lunga lista di truffati, anche M.S., veneto di 41 anni, morto suicida dopo aver investito 50.000 euro in Amicopolis.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
2011 | Attivo | Acquisizione utenti |
Cam TV nasce come un Social Network il cui modello è il pagamento dei contenuti postati dai “camers” in base ai like ricevuti (“likecoins”, dal valore di 0,01 centesimi). La strategia attuata in realtà si basa sulle vendite generate all’interno della piattaforma e dal 30% percento di commissione offerto a chi acquisisce un nuovo utente sui suoi acquisti. È collegata ad una carta di debito Mastercard (la “CAM Card”) basata su LKSCOIN.
Oggi Cam TV è una piattaforma che conta oltre 400.000 iscritti ed afferma di essersi specializzata in contenuti di e-learning, dai contenuti video e testuali alle videocall a pagamento. L’impressione che abbiamo avuto, però, navigando il portale è che il modello di business adottato incentivi la pubblicazione di post, premiando contenuti di scarso valore (nell’immagine, screenshot di un post di particolare successo). Notiamo inoltre che ci sono strane combinazioni ricorrenti nel numero dei like dei post di uno stesso autore.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
2020 | Lancio | Acquisizione utenti |
Nonostante fosse previsto il lancio a fine 2020, il Covid ha accelerato l’apertura al pubblico di Ulyfe, online dall’8 agosto 2020. Si tratta di un Social Network nato da un’idea di Andor Viragh attraverso la Neworkom International Ltd, società specializzata in Network Marketing di Malta, di cui è fondatore e presidente.
Molti di voi avranno avuto modo di conoscere la stessa azienda sotto il nome di Neworkoin, che nel 2018 lanciò un social simile, definito come una “piattaforma integrata per scambi commerciali” basata sulla criptovaluta proprietaria FuturoCoin (secondo molti inesistente) e strutturato in blockchain. Si trattava di una piattaforma dove l’iscrizione prevedeva un costo di 50 euro ed un sistema di referral che spingeva i networker a rivendere licenze.
Ulyfe prevede un meccanismo molto simile. Si tratta di una social community dove clienti possono acquistare prodotti nelle vetrine dei negozianti attraverso una “valuta virtuale” (“Stable Coin”) in blockchain. Il modello di business alla base del progetto pare essere le vendite delle quote di ingresso (pari a 10 euro), incentivate da una marginalità sul venduto.
Curioso il sistema “Matrix”, pubblicizzato ma mai entrato in vigore, che a fronte di un investimento iniziale da 100 a 10.000 euro offrirebbe, grazie ad un algoritmo ed al “monthly pack” di 35 euro/mese pagato dagli utenti, una rendita mensile pari all’investimento fatto.
Tralasciando l’utopico ed irrealistico sistema Matrix, il modello di business sembra prefigurare un sistema piramidale di tipo “Ponzi”. Lo stesso che chi lavora nel Network Marketing detesta per via dell’associazione che spesso si fa tra il MLM ed i sistemi di truffa piramidale.
Considerata l’esperienza pregressa con Networkoin ed il dubbioso modello di revenue, consigliamo molta cautela ai tanti networker che stanno cavalcando questo progetto.
Fondazione | Stato attuale | Modello di business |
Previsione: 2021 | Pre-lancio | Network Marketing |
Si tratta di una “Social Community” che ha lo scopo di offrire vetrine e-commerce ad aziende specializzate in prodotti di consumo e risparmio dall’1% al 12% sugli acquisti all’interno della piattaforma per gli utenti che sottoscrivono un abbonamento annuale (da 150 € a 2.950 €).
Non siamo riusciti a scoprire chi ci sia dietro tale progetto, ma alcuni indizi ci fanno ipotizzare sia di origine italiana, ma con sede in Bulgaria.
Fonti nel mondo del Network Marketing ci fanno sapere che l’investimento iniziale ammonterebbe a 22 milioni di euro, utilizzati per sviluppare il business e la piattaforma.
Analizzando a fondo però il progetto ci risulta che né il sito utilizzato per l’acquisizione clienti né il social network siano stati realizzati ad hoc. Il primo è realizzato in WordPress versione premium, mentre il social network è realizzato sfruttando CloudMLM, una piattaforma software SaaS indiana sviluppata in PHP e Laravel.
WordPress Premium costa 96 € all’anno, mentre la licenza base di CloudMLM costa 750 €. Aggiungendo i costi del personale, della gestione della società, di eventuali campagne di marketing etc.. difficilmente arriviamo a 22 milioni di euro.
Tra l’altro non risulta depositato il marchio. Sembra che 200 € non rientrassero nel budget.
Al momento è in fase di pre-lancio e di acquisizione distributori.
A noi di OpenFinanza non piace recensire un progetto prima di averlo testato o di vederne la risposta del mercato. Ci piace, altresì, analizzare i dati oggettivi che riusciamo a ricavare. Ci sono evidenti elementi che ci indicano che l’ammontare degli investimenti (così come altri dati) venga esasperato nella comunicazione e ciò può rappresentare un segnale di allarme.
Ci auguriamo sia unicamente una strategia di marketing e che il progetto possa avere successo. In ogni caso, consigliamo cautela.